Lean Startup in a Nutshell, parte 1

Con questo primo post, inauguriamo una serie di appuntamenti che vanno ad approfondire quanto introdotto in “Lean Startup, scientific innovation”.

Lean Startup propone un approccio lean-based alla creazione di un nuovo business e/o di una nuova startup, assimilando tale atto creativo ad un continuo esperimento. Così come suggerito da Eric Ries, in primis, ma anche da Steve Blank e altri pionieri di Lean Startup, una nuova startup non è un’azienda in miniatura e quindi la cosiddetta “dollhouse theory of startups” è assolutamente errata.

what is a startup transp

“A startup is a human institution designed to create something new

under conditions of extreme uncertainty”

L’obiettivo di una startup è, quindi, quello di trasformare la propria Vision in un business sostenibile, creando opportuni prodotti e servizi a supporto di esso. In linea generale, non si ha inizialmente bisogno di tutte le strutture tipiche di un’azienda rodata come, ad esempio, marketing o finance, bensì di una struttura snella con un mix di competenze in costante evoluzione.

Essendo la Vision l’unico punto fermo, il processo di realizzazione del prodotto (sevizio) annesso deve adattarsi a condizioni assolutamente incerte, in cui il problema è parzialmente noto (o addirittura in alcuni casi sconosciuto) e la soluzione è sconosciuta. In tale contesto, non è possibile ipotizzare l’utilizzo di approcci classici, ovvero:

  • Waterfall-like (known problem, known solution), richiede la conoscenza approfondita sia del problema e sia della soluzione che si vuole realizzare;
  • Agile (known problem, unknown solution), in cui il problema da risolvere è noto (in linea generale) ma non è ben chiaro quale soluzione realizzare per risolverlo ed il modo migliore per farlo.

Nel caso di una startup, siamo in una condizione di (partially) unknown problem – unknown solution, ovvero una combinazione delle condizioni precedenti in chiave peggiorativa. Lean Startup suggerisce di considerare lo sviluppo del business (e del prodotto/servizio) attraverso il ciclo build-measure-learn che va velocizzato il più possibile al fine di sfruttare al massimo in concetto di Validation Learning, ovvero validare scientificamente le proprie assunzioni (o come li definisce Ries, atti di fede – “Leap of Faith”).

buildmeasurelearn

Build-Measure-Learn

Ma l’apprendimento va associato a delle metriche affidabili e verificabili, altrimenti si tratta di supposizioni che non portano a vedere ciò che si vuole (Vanity Metrics) e a considerare livelli di crescita (grow) falsati da valori non connessi ai miglioramenti ottenuti nell’ultima esecuzione del loop Build-Measure-Learn.

Un esempio: se si utilizzano delle metriche generiche che consentono solo di vedere l’incremento dei download del prodotto, com’è possibile capire se essi sono dovuti alle nuove features introdotte o ad un aumento delle campagne di advertising?

Questi elementi sono ben esplicitati nella pratica definita Innovation Accounting, ovvero nella formulazione e nella verifica di una serie di metriche affidabili (Actionable Metrics) definite sulla base di alcune “semplici” domante:

  • Cosa vogliamo imparare nel prossimo loop?
  • Cosa è necessario misurare per fare ciò?
  • Cosa dobbiamo realizzare (es: MVP) per raggiungere il nostro obiettivo?

Tramite l’Innovation Accounting è possibile capire se si stanno facendo progressi o se la strategia adottata va modificata (PIVOT) perché non produce i risultati attesi. Da questo si capisce definitivamente quanto si importante accelerare il più possibile i loop build-measure-learn.

Chiudiamo questo primo appuntamento con l’enfasi sul “fallimento”: se la scelta strategia risulta errata, ovvero le assunzioni fatte non sono valide, ciò non vuol dire che è necessario arrendersi, bensì che bisogna adeguare le proprie scelte e le future azioni ai risultati ottenuti. Il pattern di riferimento non è quindi: win-or-fail ma fail-fail-win!

failure

win-or-fail vs fail-fail-win

Comments are closed.