DevOps è Cultura… ma cos’è la Cultura?

Tornando nei giorni scorsi da due importanti eventi, l’Agile Lean Conference Italia e Agile for Innovation, ho avuto tempo di riflettere in treno (complice il solito ritardo che stavolta ha superato gli 80 minuti) su una cosa: durante i miei interventi su DevOps mi soffermo sempre a sottolineare più volte come DevOps sia Cultura!

culture behaviour

Fin qui, nulla da recriminare a me stesso, ne sono profondamente convinto ed è un punto fermo di tutto il movimento che ruota, con cognizione di causa, intorno a questa filosofia nata (o meglio esplicitata) nel 2009 quando Patrick Debois da vita al DevOpsDays in Belgio e conia il termine stesso DevOps.

Al tempo, Debois è reduce da una consulenza per un’azienda governativa in cui il maggiore ostacolo incontrato è quello della completa assenza di comunicazione tra Dev e Ops, tanto da sentirsi frustrato nel non capire il perché di questa condizione paradossale.

Il problema era tutto nell’atteggiamento, o meglio ancora nei comportamenti che le due anime dell’IT avevano l’uno nei riguardi dell’altro: ogni gruppo si sentiva “superiore” e considerava l’altro una “zavorra” di cui non era possibile liberarsi e di conseguenza da relegare in un angolo.

Quindi, il come ci si pone rispetto ai nostri colleghi diretti, caratterizza la Cultura aziendale nel suo insieme, andando a connotare l’azienda stessa e la sua capacità di rispondere ai cambiamenti. La tematica è straordinariamente interessante, e per sintetizzarla possiamo prendere in prestito il concetto di Sfera di Influenza che l’amico Andrea Provaglio utilizza frequentemente per descrivere egregiamente la differenza tra Management e Leadership: ognuno di noi è leader almeno di sé stesso (ok, se non lo è i problemi sono diversi), per cui ognuno di noi ha una propria sfera di influenza che può assumere un volume più o meno ampio a secondo della capacità che abbiamo di influenzare gli altri.

I punti di intersezione delle diverse sfere di influenze rappresentano il contatto in cui i diversi gruppi aggregati (con il limite inferiore tendente a un componente) si confrontano partendo dalle proprie esperienze, anche diverse, che in qualche modo devono amalgamarsi per consentire al flusso generale delle attività di scorrere adeguatamente verso l’obiettivo di generare Valore. Se si riflette su questi aspetti, l’evidenza è straordinariamente ovvia: fino a che si resta nella nostra confort zone, siamo protetti, ci sentiamo sicuri e tutto fila per il meglio. Quando dobbiamo metterci in gioco, quest’area di sicurezza diventa instabile e i nostri comportamenti sono una risposta al cambiamento e al nuovo equilibrio da raggiungere.

Diventa così esplicito che la Cultura aziendale sia la capacità dell’organizzazione di accrescere la propria resilienza e rispondere adeguatamente ai cambiamenti radicali (kaikaku) che si affiancano a quelli graduali (kaizen), impliciti o e espliciti che siano.

Quando sentiamo delle affermazioni tipo: “questo approccio non si adatta alla nostra Cultura aziendale”, si evidenzia una implicita resistenza al cambiamento che sottolinea un nostro comportamento conservativo, dietro il quale si cela la non volontà di mettersi in gioco e impegnarsi a trovare un nuovo punto di equilibrio nell’orizzonte (landascape) organizzativo.

Volendo sintetizzare, possiamo affermare che:

la Cultura aziendale è l’insieme dei comportamenti che ogni membro dell’organizzazione ha nel confronto dei propri colleghi e nella risposta alla necessità di cambiamento proveniente da fattori esterni

e quindi:

per cambiare la Cultura organizzativa, potete e dovete cambiare i vostri Comportamenti

(e ciò si trasformerà nella nuova Cultura organizzativa)

Stay tuned J

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