La dissonanza dell’effetto Zeigarnik nello spezzatino del tempo

Ogni strategia di business richiede un programma di attuazione che abbina la flessibilità alla chiarezza degli obiettivi da raggiungere, sia in termini di mercato che di profitto. Ciò implica che una fetta, più o meno consistente, della nostra azienda si organizza per concretizzare il programma stesso e far si che esso sia sempre coerente con la Vision e Mission aziendale, contribuendo a raggiungerla.

A livello operativo è nomarle creare appositi gruppi di lavoro che pianificano, gestiscono e reagiscono alla risposta del mercato e che sono spesso dedicati in modo quasi esclusivo all’obiettivo complessivo, ritenuto troppo complesso da poter essere gestito in concorrenza. Questo focus diventa fondamentale per permettere al gruppo di tenere sempre presente l’obiettivo generale da raggiungere, andando a contestualizzare il tutto rispetto alla propria organizzazione e al mercato di riferimento. Questi ultimi, come è noto, si influenzano a vicenda.

Nel mondo dell’IT, il focus e la concentrazione su poche attività specifiche, chissà perché, è quasi sempre visto come un limite o una incapacità, se non addirittura una scarsa attitudine al lavoro. Spesso le Persone sono considerate alla stregua di automi da poter allocare su attività multiple per percentuali ridicole di tempo senza neanche rendere chiaro il senso del loro stesso lavoro.

the multitasking myth

Tutti voi condividete con me quanto sia tristemente comune imbattersi in pianificazioni che creano il fantomatico “spezzatino del tempo”: “durante le prossime settimane, Tizio sarà alloca per il 10% sul progetto A, il 25% su quello B, il 50% su quell’altro e il 20 a supporto del precedente”.. ovviamente non ci si accontenta del 100%, ma si abbonda sempre un po’, cosa che ricorda l’esilarante scena in cui Totò diceva a Peppino De Filippo di non risparmiare sull’uso della punteggiatura: “…ma sì, fai vedere che abbondiamo… Abbondandis in abbondandum” (dettatura della lettera in Totò Peppino e la Malafemmena).

La domanda è: serve a qualcosa questo tipo di pianificazione? Si, a far impazzire le Persone e a ridurre drammaticamente la loro Produttività!

crazy productive people

Ma come si può anche solo minimante pensare che una Persona possa esprimersi professionalmente al meglio se la sua attività viene trasformata in una sorta di “zapping” su task disconnessi, costringendolo continuamente a cambiare focus operativo, sia rispetto al prodotto che rispetto alle relazioni che caratterizzano l’ambiente con cui operare.

È empiricamente dimostrato che una persona può seguire al massimo due progetti in contemporanea (non lo dico io, ma diversi studi antropologici): uno principale e uno secondario che serve anche come “distrazione”. Se si comincia a saltellare da un progetto all’altro, aumenta solo l’entropia, incrementando il costo del cambiamento di contesto, e acuendo il poco noto, ma estremamente significativo, effetto Zeigarnik.

Tale effetto (osservato e formalizzato dalla psicologa lituana Bluma Zeigarnik) evidenzia come, tipicamente, quando si lascia incompiuto un compito a cui ci si è dedicati, si sperimentano pensieri intrusivi che rendono difficile concentrarsi su altro: in soldoni ci ricordiamo più facilmente delle cose che non abbiamo portato a termine rispetto a quelle completate.
Questo perché, sembra essere nella natura umana l’indole di finire quanto avviato e, se non riusciamo a farlo, tendiamo a sperimentare una dissonanza.

Quindi, più cose lasciamo in sospeso più la nostra mente cerca di ricordarcele, impedendoci di concentraci su altro.

Morale della favola: diamo alle Persone la possibilità di portare a termine, al meglio, le proprie attività, evitando di impegnarle in decine di progetti differenti solo perché “così si utilizza al meglio la risorsa”: avvaliamoci della professionalità dei nostri collaboratori senza avere la presunzione di volerne gestire il tempo.

Stay tuned J

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